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Situazione edifici abbandonati in terra cruda in Sardegna.

Come ogni anno nel periodo delle piogge ci segnalano edifici in terra cruda pericolanti e abbandonati che per assenza di manutenzioni subiscono dei crolli e sovente, per ragioni dovute ai pericoli per l’incolumità pubblica, subiscono la demolizione totale del fabbricato.
I casi interessati dai crolli riguardano prevalentemente strutture con più di un secolo di vita, disabitati da tempo, spesso manomessi nelle loro strutture originarie, in alcuni casi privati delle parti di maggior pregio per il mercato, come ad esempio travi in ginepro o tegole antiche, e privi di qualsiasi manutenzione negli ultimi decenni. Considerati i presupposti, è difficile immaginare quali altri edifici realizzati con qualsiasi altra tecnica costruttiva reggerebbero ai mali del tempo senza presentare problemi di natura strutturale così come accade agli edifici in terra cruda. Pensate alle parti in cemento armato edificate negli anni ’60 che a distanza di cinquant’anni già incominciano a collassare.
Come è noto, le case realizzate in terra cruda possono rimanere in piedi per secoli, se naturalmente si effettuano i consueti lavori di manutenzione necessari a qualsivoglia fabbricato, con particolare cura di tetto e fondazioni. I motivi dell’abbandono di tali edifici sono molteplici e, in gran parte, riconducibili a questioni legate alle successioni ereditarie che di certo non facilitano le manutenzioni da parte di differenti proprietari; a un mercato immobiliare pressoché bloccato, a seguito delle crisi economiche che si sono susseguite nel decennio precedente, in particolare per immobili che spesso e volentieri si presentano con ampie volumetrie e con giusti vincoli legati al patrimonio storico-architettonico che rappresentano.
Come Associazione da quasi vent’anni siamo impegnati in azioni culturali volte alla tutela e al recupero di questo patrimonio, sensibilizzando i proprietari rispetto al valore identitario di cui dispongono, promuovendo attività e iniziative che valorizzino la classica “casa Campidanese” come luogo ideale in cui abitare in maniera sana e soprattutto evidenziando i molteplici riusi a cui si prestano tali edifici, non solo in termini di adeguamento ai più moderni standard abitativi contemporanei ma anche, ad esempio, nell’ambito dell’ospitalità diffusa e dei percorsi turistico-esperenziali. 
Allo stesso modo, da tempo, chiediamo che si dirottino le risorse pubbliche verso interventi che evitino inutili piani di espansione urbanistica in luoghi in cui è importante evitare il consumo dei suoli favorendo innanzitutto il riuso del patrimonio edilizio abbandonato. 
In queste settimane in Sardegna si parla di Legge urbanistica e di proroghe del piano casa con il dibattito politico regionale che spesso si concentra sulle quantità e non sulla qualità architettonica del costruito. Oggi più che mai, in una fase di transizione ecologia in cui il Pianeta soffre, è necessario investire su edifici che consumano poca energia e ci proteggano dal freddo e dal caldo in maniera naturale, le case in terra cruda ben si comportano da questo punto di vista.
Inoltre, la crisi economica conseguente all’emergenza sanitaria in corso, ci porterà ad investire ingenti risorse pubbliche per sostenere il tessuto economico dei territori e l’edilizia di qualità può essere di grande aiuto in tal senso visto che da anni non si finanziano adeguati interventi a sostegno dei centri storici. In ambito regionale, ad esempio, l’ultimo bando per la salvaguardia e valorizzazione dei centri storici, risale al 2015 con un budget di circa 9 milioni di euro che si è dimostrato senz’altro insufficiente a coprire le enormi esigenze del settore. Un bando semplificato, con interventi mirati e puntuali destinati ai proprietari delle case in terra cruda, consentirebbe di effettuare le manutenzioni degli edifici abbandonati, rivitalizzandoli e rianimando i centri storici del sud Sardegna.
Riavviare il percorso virtuoso delle “manutenzioni diffuse” consentirebbe, inoltre, di far ripartire la filiera dei produttori di materiali da destinare a queste architetture (mattoni, tegole, calce, legname, pietrame) promuovendo così ulteriori spazi di sviluppo economico per imprenditori e maestranze specializzate.
In conclusione, parafrasando un vecchio proverbio, si potrebbe dire che vale il principio secondo cui “fa più rumore una casa che crolla di cento che stanno in piedi”, infatti, il patrimonio edilizio in mattoni crudi in Sardegna interessa circa un centinaio di centri urbani dislocati tra il Campidano di Oristano e il Campidano di Cagliari, nella Piana del Cixerri e nel Sarrabus, con episodi anche in altre aree del Sud Sardegna come ad esempio il Basso Sulcis. Stiamo parlando di un patrimonio di oltre 25.000 edifici la stragrande maggioranza dei quali normalmente abitati, oltre l’80% di questo patrimonio è situato nei centri storici e più del 90% è di proprietà privata. In tutto il Pianeta ancora circa il 40% della popolazione mondiale vive in case di terra. 
Le architetture di terra, quindi, non sono un episodio del passato che scompare ma sono ancora il presente e grazie agli sviluppi della moderna bioedilizia rappresenteranno il nostro futuro. 
Salvaguardarle è interesse di tutti.

Samassi, 20 gennaio 2021 

Dr. Enrico Pusceddu
Presidente Associazione internazionale Città della Terra cruda